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In “camporella” tra le panteganee al cinema per una storica dormita
Cultura e Spettacoli

In “camporella” tra le pantegane
e al cinema per una storica dormita

La nostra cena "dell’ora tarda" al ristorante Nuovo Paradiso di Corso Torino è stata particolarmente divertente e questo grazie come sempre al mio compagno di viaggio, Giorgio Faletti. Ho

La nostra cena "dell’ora tarda" al ristorante Nuovo Paradiso di Corso Torino è stata particolarmente divertente e questo grazie come sempre al mio compagno di viaggio, Giorgio Faletti. Ho scoperto che non eravamo i soli a venire qui dopo la serata in discoteca al Salera, questo negli anni ‘70 era un frequentato dopoteatro. Poppa, il cuoco, dopo averci servito un piatto di spaghetti particolarmente gustoso l’ha condito ulteriormente con simpatia e irresistibili battute. Vi dirò che questa cena con Poppa e Giorgio è stata davvero un’esperienza esilarante. A cena Giorgio mi ha raccontato di come ci si divertiva con semplicità e al tempo stesso con una certa "voracità" nella Asti degli anni ‘’70. "Una sera, mentre giravo in macchina per la provincia, in cerca di un luogo appartato dove potere baciare la ragazza che era con me, ho trovato verso Vaglierano la succursale dell’inferno. Per caso ho fermato la macchina in quello che aveva tutta l’aria di esser uno dei peggiori "immondezzai" che fino ad allora mi fosse capitato di vedere. All’orizzonte si potevano scorgere carcasse di lavatrici usate, gomme, pezzi metallici e rifiuti di ogni genere.

Lì il mio cuore trasalì non tanto per la ragazza al mio fianco quanto per avere scorto un topo grande quasi quanto un canguro! La vera scoperta fu che non era il solo, ma che l’inferno era popolato da una vera colonia di topi enormi. A quel punto non vedevo l’ora di accompagnare a casa chi mi sedeva a fianco e continuava a guardarmi perplessa. Unico ostacolo tra me e il mio vero obiettivo. L’obiettivo di Giorgio era infatti quello di correre al Cocchi dalla sua "ciurma" e di descrivere loro questo posto come "un posto fantastico!" Molti dei suoi amici di allora erano appassionati di caccia e infatti da quella sera e per parecchio tempo dopo, gli amici andarono alla discarica per sparare ai poveri topi giganti.

"Diventò presto una consuetudine, a una certa ora si andava a sparare alle pantegane. Mettevamo le ‘500 in cerchio e accendevamo di colpo i fari. Poi via! Si cercava di colpirne il più possibile." Immagino quelle povere bestiole ignare cercare rifugio in ogni dove per salvarsi da quella raffica di colpi. "Le nostre sparatorie notturne vedevano coinvolti amici che che oggi sono professionisti irreprensibili. Durarono fino a quando i residenti delle cascine intorno alla zona non chiamarono la polizia." Questo racconto rende l’idea di come ogni occasione di divertimento non veniva solo sfruttata, bensì spolpata fino all’osso da questa grande compagnia del Cocchi anni ‘70. "Il nostro era un mondo particolare, Il mio soprattutto, era fatto di intuizioni geniali e di stronzate terrificanti perché stavo ancora cercando qualcosa…forse qual era il mio posto nel mondo."

Guardo fuori dalla finestra del ristorante, sta albeggiando e Poppa il cuoco non ci ha ancora buttato fuori. Per fortuna, forse perché troppo stanco, non ci fa pagare il conto, sarebbe un tantino difficile spiegargli come mai al posto delle lire abbiamo in tasca banconote enormi dai colori fluo che rispondono al nome di Euro. La nostra mini è lì fuori ad aspettarci. Saliamo e come sempre Giorgio si mette al posto di guida. Percorriamo Corso Torino verso Piazza Torino, siamo una del poche macchine in circolazione a quest’ora. Imbocchiamo Corso Alfieri e all’altezza del cinema Splendor Giorgio fa una delle sue frenate ad effetto che mi risveglia improvvisamente dal torpore dovuto alla nottata insonne. "Ah, il cinema Splendor, altrimenti detto "il boschetto". Devi sapere che negli anni ‘70 ad Asti c’erano tante sale cinematografiche e i film erano un’altra nostra grande passione. Adesso facciamo il giro davanti a ognuno di loro".

E dicendo così via con una bella accelerata, come sempre inaspettata. "Le sale si differenziavano tra loro innanzitutto per il prezzo e la programmazione. Il boschetto e il cinema teatro Politeama avevano i prezzi e i film più popolari." Per vedere meglio i cinema della città decidiamo di continuare il nostro giro turistico a piedi. Studiando le differenze del corso rispetto ad oggi arriviamo dinanzi al cinema teatro Alfieri. "Questo era il cinema giusto per venire con le ragazze, di pomeriggio. I suoi palchetti lasciavano quella giusta intimità." Mi ricordo che avevo invitato qui una ragazza che corteggiavo da mesi, una di quelle che non ti puoi togliere dalla testa, ma che sai essere irraggiungibile. Bene, dopo mesi di corteggiamento serrato, un giorno l’impossibile diventa realtà e lei accetta il mio invito. Il bello viene dopo il film, perché pare ne ricominci un altro. Prendo la mia ‘500 e cerco un posto appartato, parcheggio. È il momento giusto, tutto è perfetto e io penso "adesso la bacio" e mentre mi avvicino…bum! Una macchina esce fuori strada proprio davanti a noi.

Ovviamente scendiamo a dare una mano e aiutare i mal capitati che fortunatamente non si sono fatti nulla però in quel momento è finita la mia storia d’amore." Giorgio ride e mi fa capire che è stato uno di quei momenti magici che si perdono nell’ombra della sera e che non possono tornare. Lui e La fanciulla non si sono più visti. Intuisco così che la sfiga anche negli anni ‘70 aveva il suo bel da fare. Eccoci ritornati nel punto fondamentale del nostro viaggio, Piazza Alfieri. Qui dove fino a qualche anno fa (dei tempi nostri) c’era il MC Donald’s allora c’era il Cinema Salone Alfieri. Ci passiamo davanti. "I cinema allora erano spazi enormi, avevano una capienza impressionante. Erano molto alti anche in altezza. Il prezzo del biglietto cambiava a seconda del posto e si andava in quest’ordine di prezzo crescente: i secondi posti, quelli più vicini allo schermo, i primi posti e la galleria.  I posti davvero ambiti erano però le due poltrone più esterne del corridoio, lì non avevi nessuno davanti e potevi allungare le gambe."

Continuiamo a camminare e arriviamo in Corso Dante. Un pò prima della Posta un altro cinema. "Questo è il cinema Vittoria, il più elitario" Mi spiega Giorgio. "L’atmosfera dei cinema di allora è qualcosa che ricordo bene. La sala era spesso satura di fumo, allora era permesso fumare nei cinema. Con gli amici passavamo sistematicamente davanti al proiettore per fare le corna con la mano sul fascio di luce, in modo che si stampassero bene sullo schermo. Ricordo che spesso si rompeva la pellicola e che noi ragazzi eravamo avvezzi a fare battute ad alta voce. Eravamo una compagnia di gente con l’attitudine a fare ridere e credo che l’unica differenza tra me e molti dei miei amici fosse che io ho deciso di fare il comico di mestiere e loro no." "Al cinema ho visto praticamente tutti i "sandaloni" per rendere l’idea, si tratta di quei film popolati da eroi forzuti come Maciste. "Una sera avevo il raffreddore, ma a vent’anni non si può stare a casa e decido di andare al cinema lo stesso, stavolta da solo.

Sono andato al Cinema Vittoria, alle 20.00 proiettavano "Quei Mada", film di Gillo Pontecorvo con protagonista Marlon Brando. Mi addormento sulla scena di un dialogo di  Marlon Brando con l’altro protagonista del film. Mi risveglio e vedo che Marlon sta ancora parlando nella stessa scena. Penso allora che ho dormito pochissimo e mi lascio andare ancora sulla sedia. Non mi ero accorto che quella era sì la stessa scena, ma del secondo spettacolo delle 22.00! Me ne resi conto solo quando il ragazzo del cinema mi venne a battere sulla spalla dicendo i che il cinema stava chiudendo."   Ridendo entriamo al cinema, il ragazzo che anni fa gli ha battuto sulla spalla sta facendo le pulizie. Impalpabili e veloci sgattaioliamo in sala senza farci vedere da lui e anche se il cinema é vuoto corriamo a prendere i due posti migliori, quelli del corridoio ovviamente. Sprofondo nella poltrona, appoggio la testa e mi sembra proprio di sentire un ciak. I protagonisti di questo film ambientato negli anni ‘70 siamo proprio noi.

Alessia Conti

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